La chiave a stella di Primo Levi
Trama
Tino Faussone, torinese, fa di mestiere il montatore: «È sui trentacinque anni, alto, secco, quasi calvo, abbronzato, sempre ben rasato. Ha una faccia seria, poco mobile e poco espressiva. Non è un gran raccontatore: è anzi piuttosto monotono, e tende alla diminuzione e all’ellissi come se temesse di apparire esagerato, ma spesso si lascia trascinare, ed allora esagera senza rendersene conto». Siamo in Russia, in un innominato stabilimento (è la Fiat di Togliattigrad) dove Levi, personaggio scrivente e ascoltante, si trova in missione di lavoro, incontrando ogni sera Faussone alla mensa e assorbendo con avidità le sue storie, con avidità e con lo scopo dichiarato di farne un libro. La chiave a stella nasce così, sotto i nostri occhi, come il libro dell’ascolto, del filtro auditivo e stilistico attraverso il quale passa e prende forma compiuta la voce dell’esperienza vissuta, della passione e della curiosità per le vite degli altri, per l’altrui passato e per l’altrui mestiere, per i costumi, le bizzarrie, le lotte e le sconfitte altrui. Non per nulla il titolo di questo libro rimanda all’utensile indispensabile di ogni montatore, inseparabile prolungamento della mano, e nello stesso tempo allude alla stella a sei punte che simboleggia l’identità ebraica di Primo Levi: una chiave per leggere e interpretare il mondo, un utensile della mente.
La chiave a stella uscì da Einaudi nell’autunno 1978, collana «Supercoralli Nuova serie». L’anno successivo vinse due premi, il Bergamo e lo Strega.
Fonte: Primo Levi
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